L’Abito Tradizionale

Disgiungere la storia del costume folkloristico tesino dall’epopea degli abitanti della valle, viaggiatori ambulanti in tutto il mondo a partire dall’inizio del 1600, sminuirebbe il significato di uno degli abiti più antichi ed interessanti dell’intero arco alpino. Negli ultimi quattro secoli il costume tesino femminile (la versione maschile è più recente e risale al secolo scorso) si è progressivamente arricchito di dettagli strettamente legati alle vicende dei tesini all’estero che, di ritorno a casa, portavamo alle proprie donne come souvenir dai loro viaggi oltralpe scialli colorati tirolesi, collane di granati della Carinzia, velluto francese e prezioso panno lenci.

Così come si è evoluto e ci è stato tramandato, il costume femminile consta oggi di una veste in panno nero che cade plissettata in fittissime piegoline distribuite a gruppetti di tre e leggermente più lunga di dietro. L’abito, sostenuta una ricca sottoveste, si conclude in basso con un “dapè” in panno alto circa venti centimetri e lungo fino a dodici metri. Il colore rosso o giallo della balza indicava anticamente lo stato civile della donna, rispettivamente in cerca di marito o vedova e maritata.
L’abbottonatura è anteriore e, nella zona del decolletè, presenta un’ampia scollatura che lascia spazio alla “finta”, cioè ad una camiciola bianca priva di maniche recante complessi ricami (le originali “ovre”) ed un colletto alto diversi centimetri. Il petto è protetto da una pettorina rigida (il “salvacore”), realizzata solitamente in velluto nero e finemente decorata a mano con fili di seta e in qualche caso perline e pagliette. Grembiule e scialle a frange sono solitamente caratterizzati da motivi floreali multicolore su un’elegante fondo scuro.

Particolare cura è posta nell’acconciatura dei capelli che sono divisi equamente da una scriminatura centrale e poi intrecciati a partire dalla base dalla nuca fino a circondare il capo come una corona, a cui si appoggia una crestina in pizzo nero e nella quale vengono infilati degli spilloni d’argento (come era in uso in alta Lombardia all’epoca di Lucia Mondella). In alternativa, all’inizio del nostro secolo, le donne maritate annodavano le trecce in cima alla testa, formando un “cucheto” alto circa quindici centimetri, sul quale, con uno spillone, si fissava un nastro nero svolazzante. Il costume è completato dai caratteristici gioielli: un numero dispari di fili di “granate” spicca sulla “finta” insieme alla spilla, gli orecchini in filigrana d’oro a cestelli (i “piroli”) incorniciano il viso.

La conservazione del costume tipico tesino e delle locali musiche e danze è garantita dal lavoro di alcuni gruppi e bande folcloristici che vantano una propria storia come associazioni culturali già a partire dai primi decenni del nostro secolo. Questi gruppi folcloristici locali traggono origine dalle antiche tradizioni popolari, che vedevano la danza come un’importante occasione per riunirsi in allegria ed interpretare, attraverso la musica e i balli, episodi della vita quotidiana. E’ così che anche oggi musicisti e ballerini riescono a creare un’atmosfera coinvolgente, riproponendo, accanto agli abiti tradizionali della valle, danze e melodie frutto in un continuo compenetrarsi di cultura italiana e mitteleuropea.

A partire dal dopoguerra i gruppi folkloristici, che fino ad allora si erano limitati a partecipare sagre paesane e feste popolari locali, hanno incominciato ad esibirsi anche per i turisti che nel frattempo scoprivano l’altopiano del Tesino e a viaggiare in tutta Italia ed Europa, portando testimonianza dell’antica cultura tesina attraverso preziosi costumi, attente coreografie e musiche coinvolgenti.

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